Il Super-Atleta Franco Sar nei ricordi di Vanni Loriga
Dopo la pubblicazione dei miei libri sull’Atletica sarda da non dimenticare, gli scambi epistolari con Vanni Loriga mi portarono in dote, come detto precedentemente, alcuni articoli inediti su campioni sardi che avevano fatto la storia non solo dell’atletica sarda, ma anche di quella italiana. In questa sede li voglio condividere con tutti i miei lettori.
Il Super-Atleta FRANCO SAR nei ricordi di Vanni Loriga
Nei miei ricordi legati all’incontro Svizzera-Italia del 1946 ho ricordato la figura di Pinuccio Dettori. Ritorno sul personaggio perché mi consente di parlare con la dovuta attenzione di un deca-campione sardo.
Entra così in scena Franco Sar di cui Dettori fu il primo allenatore.
Ho avuto con Franco una lunga frequentazione: lo conobbi nella primavera del 1945; l’ho salutato recentemente alle esequie di Carlo Monti.
In questo intervallo, superiore ai sette decenni, non sono mancate le occasioni d’incontro.
Il Liceo De Castro. Partiamo dal principio. Nel 1944-45 frequentavo ad Oristano il Liceo De Castro (storico il nostro professore di ginnastica Severino Ibba) e l’Oratorio di San Francesco, dove avevamo ovviamente costituito una squadra di calcio, allenata da un giovane sacerdote che per l’incredibile somiglianza con un popolare giocatore del Cagliari era stato soprannominato “Padre Ragazzo”.
Con Severino Ibba, grande Maestro di ginnastica artistica (il De Castro vinse una finale nazionale di categoria) giocavamo anche a basket. Una volta affrontammo la squadra dei Pirastu, “Ignazio ed i suoi fratelli”. Non vedemmo palla.
Concludo i riferimenti al De Castro segnalando che il responsabile del gabinetto di fisica (funzionava e dalla elettrolisi dell’acqua verificai con i miei occhi che veramente H è doppia di O) era Giovanni Casu, anche famoso arbitro di calcio (talora contestato se non percosso, come successe a Calangianus ed a La Maddalena) e buon velocista che molte cose di atletica ci insegnò.
Una domenica con il famoso oratorio andammo a giocare a pallone ad Arborea, dai salesiani. La squadra di casa schierava al centro dell’attacco un ragazzino di 12 anni che era già alto 1.80.
I sacerdoti che lo seguivano, veri apostoli del credo di Don Bosco (ricordo il mitico parroco don Ruggero Piemontese; l’addetto alle attività culturali don Scocco; l’animatore delle attività sportive don Alessandrini) dissero: “Questo ragazzo si chiama Franco Sar ed ha tutte le doti per diventare un campione”.
Sette anni d’attesa. Profezia avverata, ma soltanto parecchi anni: infatti Franco disputò la sua prima gara di atletica nel 1953, ormai quasi ventenne.
Ma raccontiamo le cose con calma.
Franco Sar nasce a Mussolinia il 21 dicembre 1933. Le sue radici sono a Basiliano, un centro della pianura friulana con remote origini slave. Per questo motivo tempo fa definii Sar il più Sardo dei Mitteleuropei ed il più Mitteleuropeo dei Sardi.
La sua famiglia, papà Domenico con mamma Rosa Uliano, si trasferisce in Sardegna dopo la crisi che, a causa della famosa “Quota 90”, mise in ginocchio le piccole imprese produttrici di beni di consumo. Nel 1929 i Sar arrivano in quello che inizialmente si chiamava Villaggio Mussolini dove è stato loro assegnato un lotto di 12 ettari, con residenza nell’ultimo isolato di Strada 14, a 300 metri dal mare. Franco, quarto di sette figli, lavora in campagna: un territorio stagnante sotto il livello del mare, ora un sito fra i più belli e fertili del mondo, che merita il sacro nome di Arborea.
Nelle ore libere Franco è bravissimo ed instancabile nuotatore, si diletta a suonare il clarinetto nella banda diretta dal già citato don Scocco. I ragazzi si sfidano in tutti gli sport ed un giorno l’ormai diciannovenne Franco supera l’asticella collocata ad 1.65. Il fratello maggiore Orlando, attento ad ogni sport, gli consiglia di dedicarsi alla pratica dell’atletica. Si decide di continuare. Ma Arborea non ha strutture idonee a formare e seguire una società di atletica. Si sceglie così di far capo ad Iglesias dove l’atletica è ben seguita.
Alba a Marrubiu. Ogni sabato mattina, esattamente alle ore 6.15, Franco sale sul treno alla stazione di Marrubiu. A Decimomannu si cambia ed alle 9.30 si arriva a Iglesias. Allenamento la mattina ed anche nel primo pomeriggio. Abbiamo già detto che Franco è seguito da Pinuccio Dettori, sassarese classe 1920, un buon passato come saltatore in alto per i colori della Torres, un personale di 1.87 ripetuto nella preolimpica di Firenze 1948.
Le prime gare ufficiali di Sar con i colori della Monteponi Iglesias risalgono alla fine del 1953. Il 13 settembre a Cagliari si piazza terzo proprio nel salto in alto superando ancora una volta la misura di 1.65; il 24 settembre lancia il disco a 30.84; il 24 e 25 ottobre disputa il primo decathlon della sua vita.
Totalizza il punteggio di 2422 con i seguenti parziali
13.2 / 5.04/ 8,75/1.65/65.5 // 20.2/ 30.84/NC/31.38/rit.
Confrontiamolo con il miglior risultato della carriera, 7368 punti il 17 ottobre 1965 a Formia:
11.3/ 6.41/ 14.25/ 1.81/ 50.9 // 14.4/ 46.88/ 4.20/ 56.41/4.54.8.
Segnaliamo i suoi personali in carriera:
100 metri 11.1; lungo 6.79; peso 14.54; alto 1.86; 400 metri 50.9; 110 hs 14.3; disco 51.96; asta 4.45 (che fu anche record italiano); giavellotto 58.45, 1500 metri 4.48.1.
Esauriamo il “settore cifre” sottolineando che in sei anni migliora per otto volte il primato italiano del decathlon portandolo da 6110 a 7368 punti e che nel 1959, suo anno di grazia e spiegherò perché, stabilisce il record per 5 volte nell’intervallo di sette mesi. Indossa per 15 volte la maglia azzurra, con una presenza anche nei 110 hs. Sono tutti dati facilmente reperibili navigando in Internet per cui il mio resoconto prosegue riferendo qualche aneddoto che arricchisce la storia.
Walzer del discobolo. Con quelle mani che sembrano badili la specialità preferita da Franco Sar è il lancio del disco. Nel maggio del 1954 stabilisce il record sardo con 38.69. Il limite fissato dalla Fidal per partecipare agli Assoluti è di metri 40.00. Il ragionier Francesco Pissard, mitico presidente della Monteponi, chiede una deroga. Gli viene rifiutata. Non mi meraviglio perché quella era la Federazione (a quei tempi…). Qualche anno dopo, quando ero titolare alla Scuola Militare di Educazione Fisica della cattedra di atletica leggera, il mio Comandante chiese che venissi ammesso, quale auditore, ai corsi di Formia con spese a carico della nostra amministrazione. La risposta fu negativa “per non creare un pericoloso precedente …” Ho ancora la lettera firmata dal Segretario Generale: al posto suo avrei risposto di mandare al corso per Assistenti Tecnici non uno ma cento ufficiali dell’Esercito, un ottimo veicolo per diffondere l’atletica fra i giovani che (allora) il soldato dovevano farlo.
Ma Pissard è uomo di parola. Ha promesso al suo atleta la prima trasferta in Continente. L’unica gara in cui non è necessario il “minimo” è il decathlon ed al tricolore della disciplina (Firenze 1-2 ottobre) Franco viene iscritto. Si piazza nono su dieci concorrenti con punti 3555: e cosi ha inizio la carriera del più bravo decatleta italiano. Viene notato e nell’inverno del 1955 è convocato a Chiavari per un collegiale. Lo adocchia Sandro Calvesi che lo vorrebbe decatleta. Ma lui è innamorato del disco e finalmente, il 5 giugno a Roma, supera la famosa barriera dei 40 metri sia pure di soli 9 centimetri. Si migliora un mese dopo a Livorno dove tocca 42.77. Fondamentale il suggerimento tecnico del Maestro Giorgio Oberweger: “Come si lancia il disco? Semplice. Fa il primo giro come quando balli il walzer!”
Missoni: mi’ me fermo! Anni non facili il 1955, 1956 e 1957. Franco Sar è assunto alla Monteponi come operaio meccanico. La giornata è pesante: la mattina al tornio; dalle 15 allenamento; dalle 18.30 alle 22.30 scuola serale per migliorare cultura e coltivare speranze di promozione.
Tante le difficoltà ma Sar non molla. Migliora assai sugli ostacoli e nella velocità seguito da Angelo Defraia che sarà importante consigliere anche in seguito. Ai primi di ottobre partecipa agli Assoluti di Venezia. Tempo da lupi con freddo, vento e pioggia. Da sotto un ombrellone gli giunge un parlottare in veneto: “Mi’ me fermo dopo i 400…”. Chi parla è Ottavio Missoni che si rivolge ad Armando Filiput. I due fanno una buona accoglienza al “bocia” che si esprime con lo stesso linguaggio. Il famoso stilista, sei anni prima finalista olimpico nei 400 hs, anticipa il ritiro e lascia dopo il salto in alto. Filiput, quattro anni prima campione europeo sempre sulle barriere basse, prosegue sino al termine della due giorni e si classifica al quinto posto, Franco Sar è ottavo con 4237 punti, vicino al suo personale di 4307, stabilito un mese prima a Piacenza dove vince il titolo dei III serie. I più giovani non lo sanno, ma allora si era divisi appunto in Serie. Chi cominciava era III serie; si era promossi alla seconda ed alla prima in base ai risultati indicati in una apposita tabella. E’ superfluo notificare ai lettori che nei miei otto anni di attività non venni mai promosso di serie…
La tabella Calvesi. Come già detto è difficile, ma non impossibile, conciliare il lavoro dell’aggiustatore meccanico con la pratica sportiva. In quegli anni si vive in Sardegna un momento molto fervido di rivalità agonistica tra Monteponi ed Amsicora. Durante le gare c’è un tifo da stadio calcistico. Rammento una fase interregionale dei societari disputata in Roma allo Stadio delle Terme: cagliaritani e iglesienti avanti tutta, senza esclusione di colpi. Stupendo e fulminante lo sprint di un giovanissimo Antonio Ambu sui 5000, un 200 finale da far invidia a Berruti … Si corre soprattutto per spirito di squadra e proprio Franco Sar ha sempre ricordato che in quella atmosfera ha maturato il culto per i colori sociali, in seguito esaltato quando animava la Snia e Atletica 2000.
Il momento magico, quello della vera svolta nella vita da agonista, ha una data precisa. Si sa, come dicevano i Maestri, che “campioni si nasce, ma atleti si diventa”.
Franco Sar è nato campione ma è diventato atleta completo esattamente il giorno 24 maggio quando a Firenze corre i 110 hs in 15 secondi netti, a spalla di Mazza. Sandro Calvesi, insuperabile allenatore di ostacolisti (Filiput, Morale, Ottoz, Mazza, Frinolli, Cornacchia, Fanny Blankers Koen, Drut…) gli mostra un suo progetto basato su dati obiettivi: se Franco si applica con il massimo impegno al decathlon è in grado di toccare quota 6000; se insiste può addirittura aspirare ad ottenere il minimo di partecipazione olimpica, fissato dalla IAAF in 6750 punti.
Impresa apparentemente impossibile, con un miglioramento di circa 2000 punti.
Franco Sar, per interessamento del mai abbastanza elogiato ragionier Pissard, si trasferisce in pianta stabile a Brescia, “chez Calvesi”, che annota: “Non ho mai conosciuto atleti che abbiano resistito ad un così alto impegno. Preparazione generale al mattino e tecnica specifica al pomeriggio: ogni giorno, senza pietà… qualche attimo di riposo e poi sotto di nuovo…”
Migliora in tutto, soprattutto sugli ostacoli e nell’asta ed è pronto ad attaccare il primato italiano di Radman (6023 punti l’8 giugno 1958).
Franco non fa un solo record ma ne realizza una serie.
Il 18 e 19 aprile totalizza a Firenze 6110 punti; il 23 e 24 maggio a Pescara si migliora con 6286. Lo attende a Duisburg (18 e 19 luglio) il tradizionale esagonale: aggiunge un centinaio di punti e timbra un bel 6395.
Senza respiro perché il minimo olimpico non è stato raggiunto.
Campionati assoluti a Bari il 3 e 4 ottobre. Prima giornata a spron battuto di Sar e Paccagnella, giovine emergente: dopo cinque gare rispettivamente punti 3622 e 3570, entrambi in vantaggio sul record italiano.
Franco si esprime al massimo nella seconda giornata e con 51.3 sui 400; 14.9 nei 110hs; 45.29 nel disco; 3.80 nell’asta; 51.45 nel giavellotto vede a portata di mano il famoso totale di 6750 punti, il passaporto per i Giochi di Roma. Basterebbe correre i conclusivi 1500 in meno di 4.53.0 (tempo che ha nelle gambe) per ottenere la promozione. Ma la fatica di fa sentire: per 3 secondi e 3 decimi, per soli 17 punti si è rinviati ad ottobre. Anzi, a novembre…
Minimo e massimo. Dico novembre perché nei giorni 7 ed 8 di quel novembre 1959 viene organizzato a Formia, presso la Scuola voluta da Bruno Zauli ed a lui dedicata, un meeting riservato ai decatleti. Come ho già avuto modo di accennare in quel periodo insegno atletica alla SMEF di Orvieto. Non ho mai disputato un decathlon in vita mia; ho solo rischiato nel 1950 di partecipare al pentathlon atletico che allora era previsto nei Campionati Universitari. Per fortuna me lo vietò il mio indimenticabile allenatore Giuseppe Cuccotti. Pur sapendo teoricamente tutto (o quasi…) delle specialità della deca-disciplina non avevo mai seguito, neppure da spettatore, una intera “due giorni” di gare, con lo sguardo e l’interesse sempre distratti dagli altri avvenimenti.
Debbo precisare che avevo tentato già l’impresa ai Campionati Italiani del 1958, disputati il 27 e 28 settembre alla Farnesina. Purtroppo erano in contemporanea con quelli dei 3000 siepi, ai quali partecipavano alcuni dei pentatleti che a quei tempi allenavo. Ne accennerò più avanti: posso solo anticipare che due di loro (Baghini e Scardoni) vestirono la maglia azzurra proprio sulle siepi.
Per cui poca attenzione dedicai a quello che fu il primo vero decathlon di Sar firmato Calvesi. Ci fu il salto di qualità con un titolo italiano, il primo dell’atleta della Monteponi, nobilitato da un eccellente 5835, molto vicino ai 6000 punti ipotizzati non a torto dal suo nuovo allenatore.
Sono trascorsi da allora quattordici mesi e si tenta l’ultimo assalto al famoso limite. Se nel titoletto parlo di “massimi e minimi” non lo faccio per reminiscenze matematiche relative al calcolo variazionale ma unicamente perché in quella occasione occorreva veramente fare il Massimo per ottenere il Minimo olimpico.
Seguire un decathlon con la dovuta attenzione non è facile. Bisogna essere attrezzati di tabella con i punteggi, non perdere un passaggio, capire come realmente stanno andando le cose, presentarsi informati sui precedenti e sulle possibilità dei partecipanti.
Insomma anche come giornalisti bisognerebbe essere degli specialisti. Ed al proposito cito un aneddoto che ritengo illuminante.
Durante il mondiale di Stoccarda 1993 (allora collaboravo con La Stampa di Torino) chiesi all’insuperabile storico e statistico Roberto Luigi Quercetani quale fosse il record sui 1500 per un decatleta. Lui con la solita grande modestia mi suggerì di rivolgermi ad un gruppetto di colleghi stranieri dediti alle prove multiple. Li avvicinai e quando formulai il mio quesito mi indicarono uno fra di loro che non solo era specialista di decathlon ma addirittura superspecialista sulla decima e decisiva prova della dura disciplina… Con molto garbo quel collega finlandese rispose al mio quesito, ricordandomi che anni fa questo strano record era stato stabilito da Luigi Beccali. Il campione olimpico e primatista mondiale aveva infatti coperto la distanza in 4.00.2 nel campionato italiano disputato a Bologna il 19 e 20 ottobre 1935, in cui si classificò undicesimo con un totale di 4854. Non ci crederete ma fu preceduto di 33 punti proprio da Alessandro Calvesi, allora docente all’Accademia Navale di Livorno e tesserato per l’Assi Giglio Rosso.
Lo stesso Calvesi è al fianco di Sar nell’esame più importante. La prima giornata formiana si conclude positivamente con un totale di 3702 punti, 80 in più del record di Bari. “Ha da passà ‘a nuttata…” è sicuramente l’incubo di chi partecipa a gare che durano più di un giorno. Lo subivano i miei pentatleti (moderni e militari, perché anche quelli ho seguito per anni). Chi andava bene il primo giorno, la notte non dormiva nel timore che in seguito avrebbe potuto rovinare tutto; lo stesso succedeva a chi partiva con il piede sbagliato, studiando come migliorare la situazione. Erano quattro notti infernali; ora per il pentathlon moderno olimpico non succede più perché tutto si svolge in una giornata, per motivi che non mi sarebbe difficile spiegare.
La “nuttata” di Franco Sar trascorre probabilmente tranquilla perché nella seconda cinquina di prove fa faville, migliorandosi nei 110hs, nel disco e nel giavellotto. Dopo nove gare è già a quota 6685. Il “minimo” sembra ormai cosa fatta e noi tifosi lo incitiamo: “Settemila, settemila, settemila…” gridiamo in coro. Sandro Calvesi lo prende da parte e gli dice secco: “Siamo qui per fare il minimo, non dimenticarlo. Corri sereno e tranquillo …”
Gli ultimi 1500 metri vengono affrontati con passo deciso e regolare: tempo finale 4.49.9 pari a punti 334 per un totale finale di 7019 punti. E’ questo il biglietto da visita che Franco Sar, da Arborea, tesserato per la Monteponi di Iglesias, presenterà sul palcoscenico olimpico di Roma 1960.
La meravigliosa gara. Siamo allo stadio Olimpico di Roma dalle ore nove del 5 settembre sino alle 22.30 del giorno successivo. Siamo testimoni e partecipi del più grande spettacolo del mondo, una sorta di psico-dramma che ha tutti gli ingredienti per avvincere attori e spettatori.
Ogni grande vicenda necessita di due antagonisti degni l’uno dell’altro. Debbono essere valorosi, combattivi, equivalenti. Il tutto deve svolgersi in un teatro degno di ospitarli. Ricordo che l’etimologia della parola “teatro” è chiara: posto (tron,suffisso locativo) per spettacolo (thèa). Serve un pubblico eccezionale che faccia da coro. Possono accrescere la tensione condizioni atmosferiche proibitive. Nulla di questo manca.
I due eroi rappresentano il massimo desiderabile. Si chiamano Rafer Johnson e Yang Chuan-Kwang. Il primo è un afro-americano statunitense; il secondo un cinese di Taiwan. Entrambi frequentano l’UCLA di Los Angeles. Johnson è primatista del mondo con punti 8683; Yang lo tallona con 8426: personali ottenuti ad Eugene nella stessa gara, due mesi prima dei Giochi.
Il “teatro” è lo Stadio Olimpico di Roma, stracolmo di appassionati anche al mattino ed in tarda serata, quando si disputano le gare conclusive delle due giornate. Tutti sono avvinti da una lotta infinita, dalla sfida imperterrita contro i limiti della fatica. (“La fatica dei decatleti è improba, per loro non esiste orario. Si può dire che sono impegnati in qualsiasi ora del giorno e della notte. Andiamo a pranzo e li vediamo in gara; ritorniamo e sono ancora lì che saltano …” scrivono i giornalisti).
Gara durissima resa quasi impossibile quando ed improvvisamente l’afa e la calura romana cedono il passo a freddo, vento, pioggia battente. Bufera su pista e pedane allagate.
I due grandi antagonisti al termine della prima giornata sono divisi da 55 punti: conduce l’americano che peraltro è stato più bravo del cinese in una sola gara, quella di lancio del peso. Nella tornata conclusiva prevale solo nel disco e nel giavellotto.
Ha ancora il leggero vantaggio di 64 punti quando s’inizia l’ultima prova, quella dei 1500 metri.
Il pubblico, affascinato dalle tensione sfibrante, scandisce in coro: “Date l’oro a tutti e due!”
Ovviamente
non è possibile. Con un vantaggio di 58 punti si afferma Johnson che si
appoggia sulla spalla dell’avversario e giura a se stesso ed al mondo: “Never
again! Mai più!”
Lo stupendo momento di un abbraccio che ha fatto la storia dello sport
è eternato da una famosissima foto e soprattutto ricordato, con parole di
toccante commozione, da Franco Sar che rievoca: “Quello è stato per tutti noi un momento di assoluta ed insuperabile
gioia. Ho ammirato due campioni che si sono dati strenua battaglia; di due
amici che per circa quaranta ore non si sono scambiati uno sguardo, che si sono
sfidati senza pietà e che alla fine si sono riconosciuti nell’istante della
massima fatica. Questo è lo sport: passione, dolore, lotta senza perdere
l’amore per la vita e per gli altri uomini”.
Con la solita modestia che lo contraddistingue, Franco Sar omette di ricordare che si classifica al sesto posto, con un nuovo personale di 7195, migliorandosi nell’alto, nei 400, nei 110 hs, nel disco, nel giavellotto e nei 1500, pareggiando i suoi limiti nell’asta e nei 100.
Il suo momento magico si verifica all’inizio della seconda giornata, quando dopo sette gare è balzato al quarto posto in classifica,
Alfredo Berra, detto il “Profeta” ed a quei tempi mio predecessore nella rubrica di atletica al Corriere dello Sport (che ho coperto per 25 anni, dal 1967 al 1992), scrive:
“Non sapevamo nemmeno noi italiani che, dopo i tre colossi Johnson, Yang e Kuznyetsov, un decatleta azzurro potesse essere quarto al mondo. Franco Sar è l’atleta di cui si parla. Un uomo che in questa olimpiade sta ottenendo dei risultati veramente sbalorditivi. Il ventisettenne operaio sardo malgrado sforzi, sacrifici rinunce possibili solo ad un autentico dilettante innamorato del suo sport non potrà salire sul podio del vincitore … ma meriterebbe di essere collocato dopo Berruti nella scala dei valori dei nostri atleti. Dobbiamo chiederci: <Ma chi avrebbe mai osato sperare tanto ? > ”
Per chiudere il commento sui Giochi di Roma riassumiamo il decathlon di Franco Sar.
100 metri - 11.4 (punti 768) classifica 16°;
lungo - 6.69 (punti 1460) classifica 18°;
peso - 13.89 (punti 2219) classifica 14°;
alto - 1.80 (punti 2989) classifica 13°;
400 metri - 51.3 (punti 3740) classifica 12°;
110hs - 14.7 (punti 4634) classifica 6°;
disco - 49.58 (punti 5569) classifica 4°;
asta - 3.80 (punti 6214) classifica 4°;
giavellotto - 55.74 (punti 6855) classifica 5°;
1500 metri - 4.49.2 (punti 7195) classifica 6°.
Consolini giura - La grandiosa gara olimpica è l’ultima di Franco Sar come atleta sardo. Continua, ovviamente, ad essere Sardo ed a migliorarsi come campione, rappresentando però società industriali della Lombardia e trasferendosi al nord. Durante il periodo dei Giochi di Roma, trascorso al villaggio olimpico, ha condiviso la stanza con Adolfo Consolini, l’Uomo che per anni ha rappresentato l’Atletica italiana nel mondo, che ha vinto Olimpiadi ed Europei, che ha stabilito per due volte il primato iridato.
Consolini, durante la convivenza romana, propone a Franco Sar di trasferirsi alla Pirelli, avvicinandosi a quella Brescia dove si allena e dove ha conosciuto Irma Bagetto.
Lasciare la Sardegna non è scelta facile e Franco si consulta anche con Angelo Defraia, amico di cui si fida sotto ogni profilo, tecnico ed umano. Il consiglio è lapidario: “Accetta!”
E così lo vediamo nel biennio 1961-1962 gareggiare con la Pirelli (tricolore nel decathlon); nel 1963 con la SNAM (titoli nel decathlon e nell’asta e primato italiano) ed a fine carriera nella Lilion Snia.
A “vita nuova” - Nell’ambiente creato da un insuperabile dirigente, quel Romolo Giani animatore e trascinatore che sarà anche presidente dei Centri Sportivi Aziendali ed Industriali (CSAIn), Franco conclude con ottimi risultati la sua esperienza di praticante ed inizia la nuova vita di tecnico e di dirigente.
Con la maglia della SNIA vince ancora due titoli nel decathlon (1964 e 1965) e stabilisce il suo ottavo primato italiano con 7368 punti (Formia 16-17 ottobre 1965).
Come Direttore Tecnico, un incarico che ricopre praticamente dal 1964 ad oggi (oltre cinquant’anni, una vita per l’atletica ), vede la sua Snia vincere 13 scudetti femminili; stabilire 5 primati mondiali, 68 record italiani con 489 presenze maschili e 348 femminili in maglia azzurra. Dopo la fusione con la Sisport-Fiat si dedica con alcuni inseparabili e insostituibili amici (fra cui Enzo Lombardo, Ottavio Missoni, Armando Sardi, Corrado Monteneri, Gian Paolo Urlando, Carlo e Fabio Monti) alla nuova Atletica 2000. Si tratta di un sodalizio autogestito, senza sponsor, talora senza campo di allenamento che raggiunge grandi risultati in campo assoluto (secondo nella Finale Oro dei societari) e soprattutto giovanile. Il demiurgo è sempre Franco Sar, affiancato per la comunicazione dal caro Carlo Monti. Ed insieme lavorano duro quando a fine anno 2004 il club si chiude. Nasce in seguito una nuova realtà, l’ABC- Progetto Azzurro. Vicino a Franco Sar operano i soliti amici.
Da poco ci ha lasciato Carlo Monti, velocista bronzo olimpico ed europeo, chimico di alta qualità, giornalista e scrittore. Fra i più costernati il giorno dell’estremo saluto c’era lui, Franco Sar.
Che ora ha ripreso il suo prezioso lavoro a fianco di atleti giovanissimi e no. Non vuole elogi, è convinto che tutto ciò che fa sia normale. Ci tiene solo a ringraziare la moglie Irma Bagetto. La conobbe a Brescia, come già detto, quando era una fanciulla; gli ha dato i due figli Davide, musicista, e Silvia laureata in lingue. La signora Irma è silenziosa al suo fianco: “Senza di lei, afferma Franco con riconoscenza, nulla di quanto ho fatto sarebbe stato possibile. Ha sopportato tutto e mi ha sostenuto sempre”.
Per il momento ho concluso. E mi viene naturale ripetere ciò che dissi ad una premiazione della Snia. Invitato a portare una testimonianza intrecciai un facile gioco di parole:
“ Sar ha sempre dimostrato di essere degno della Sardegna; la mia Isola dovrà a sua volta dimostrare di essere Sar…degna”.
Il fatto curioso è che qualcuno apprezzò questa spiritosaggine …
(Vanni Loriga novembre 2017)










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