Il salto triplo in Sardegna. Primati … un rompicapo! (terza parte 3/4)


La difficoltà di interpretazione dei risultati ai fini statistici, la presenza o assenza dell’anemometro, la distinzione tra prestazioni indoor e all’aperto, l’incomprensibile denominazione “tipo indoor” per manifestazioni all’aperto, generano molta confusione nei cronisti dell’epoca, che, a loro piacimento, alla stregua di una girandola, attribuiscono primati una volta all’uno, una volta all’altro senza alcuna obiettività.  Per sette anni fanno sparire il 15.44, ossia la migliore prestazione di Businco, ma gli lasciano il 15.15 precedente, per cui quando Fabrizio Desogus salta 15.40, diventa, stranamente, il nuovo primatista sardo.

Quando Giancarlo Taras, diviso tra alto e triplo, mostra tutte le sue qualità nella seconda specialità, tutti si aspettano che possa mettere fine al caos. In effetti il 10 giugno del 1987 il sassarese in una riunione regionale allo stadio dei pini stabilisce il suo personale a 15.36, otto mesi dopo a Firenze in sala salta 15.51, misura mai raggiunta da un atleta sardo. Però, come tutti ricordano, in quegli anni i primati indoor non avevano un valore assoluto od equiparati a quelli ottenuti all’aperto, per cui il salto record di Taras non viene riconosciuto in termini assoluti; rimane migliore prestazione indoor.


 

Per fortuna qualche anno dopo, la distinzione dei primati indoor ed open viene finalmente sanata con l’introduzione di un unico albo. Allo stesso tempo entra in scena un atleta cagliaritano, allenato da Roberto Dessì, tecnico di provata esperienza del settore dei salti. Emanuele Cocco, appena diciasettenne, supera la barriera dei 15 metri (15.19) e lo fa ad Oristano il 5 giugno del 1988.

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